SCENEGGIATURA, REGIA SPETTACOLI E PREPARAZIONE TECNICA ALLA RECITAZIONE
di PATRIZIA CALLEGARINI

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REGIA  PATRIZIA CALLEGARINILa Serva Padrona
6 GIUGNO 2016  – SALONE DEI CONCERTI DI CASA BOGGIAN

 

“La serva Padrona” di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736)

 

Personaggi: Uberto Facci Piero
Serpina – Miriam Urbani
Vespone – Matteo Cazzadori
Fortepiano – Marta Espejo

 

LA SERVA PADRONA

La serva padrona è un celebre intermezzo buffo di Giovan Battista Pergolesi.

Composta per il compleanno di Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel su libretto di Gennaro Antonio Federico, fu rappresenta la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733, quale intermezzo all’opera seria Il ‘Prigionier Superbo’, dello stesso Pergolesi, destinata a non raggiungere neppure lontanamente la fama della Serva padrona. Alla prima rappresentazione è attribuita a tutti gli effetti l’inizio del nuovo genere dell’Opera Buffa.

Lo stesso libretto fu ripreso da Giovanni Paisiello per l’omonima opera buffa.

Nel 1734 avviene la prima rappresentazione nell’Academie Royale de Musique di Parigi e nella Reggia di Versailles, nel 1746 nel Theatre-Italien di Parigi e nel 1750 nell’Her Majesty’s Theatre di Londra.

Il grande successo della ripresa del 1752 dell’Academie Royale de Musique scatenò una disputa, nota come la Querelle des bouffons, fra i sostenitori dell’opera tradizionale francese, incarnata dallo stile di Iean-Baptiste Lully e Jean-Philippe Rameau, e i sostenitori della nuova opera buffa italiana fra cui alcuni enciclopedisti (in particolare Iean Iacques Rousseau, anch’egli compositore). La disputa divise la comunità musicale francese e la stessa corte (con la regina che si schierò a fianco degli “italiani”), per due anni, e portò ad una rapida evoluzione del gusto musicale del paese transalpino verso modelli meno schematici e più moderni.

Nel 1754 avviene la ripresa nel Theatre-Italien come La Servante-maitresse nella traduzione in versi di Pierre Baurans e Charles Simon Favart e nel 1862 la prima all’Opera-Comique di Parigi con Celestine Galli-Marié.

TRAMA

Un ricco e attempato signore di nome Uberto ha al suo servizio la giovane e furba Serpina che, con il suo carattere prepotente, approfitta della bontà del suo padrone. Uberto, per darle una lezione, le dice di voler prendere moglie: Serpina gli chiede di sposarla, ma lui, anche se è molto interessato, rifiuta. Per farlo ingelosire Serpina gli dice di aver trovato marito, un certo capitan Tempesta, che in realtà è il servo Vespone che ha il ruolo di mimo, travestito da soldato, che chiede a Uberto una dote di 4000 scudi. Per non pagarli Uberto si sposa Serpina, la quale da serva diventa finalmente padrona.

E da lì prende il nome di serva padrona. Titolo dell’intermezzo.

 

Conservatorio Statale di Musica
<<E.F. DALL\’ABACO>> – Verona
istituzione di alta cultura

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I CONCERTI DEL CHIOSTRO 2015Euridice

Dipartimento di Musica Antica
Scuola di canto barocco prof.Vincenzo di Donato
Regia ed allestimento scenico prof. Patrizia Callegarini
Coreografia Spazio Danza Carmen Santangelo
Allestimento scenico con la collaborazione di Opera Academy Verona

 

EURIDICE DI GIULIO CACCINI

 

Mentre a Firenze è il settembre 1600 – ci si prepara al debutto della prima “favola in musica” della storia, Euridice, a Roma Emilio De Cavalieri fa stampare la sua Rappresentatione di Anima et di Corpo novamente posta in musica [. . .] per recitar cantando, presentata al pubblico nel febbraio precedente. È una sorta di ipoteca che De Cavalieri pone sulla primogenitura del nuovo “stile di cantar recitativo” e che egli non tarderà a far valere quando, nel gennaio 1601, Giulio Caccini nel dare alle stampe la sua Euridice rivendica la paternità del “recitar cantando”. A Caccini, che sosterrò di aver “usato”… altre volte, molti anni or sono [...] quello stile proprio, che poi mi servì per le favole che in Firenze si sono rappresentate cantando” Cavalieri replica dichiarando che << [...] questo modo di rappresentare [...] >> inventato da me, che ciascheduno lo sa [...] poiché la mia rapresentatione, che si è stampata, essendo stampata tre mesi e mezzo prima, chiarisce tutte le partite>>. Dietro la contesa rispuntano forse contrasti personali, risalenti ai tempi – oltre vent’anni prima – delle comuni frequentazioni del circolo intellettuale (Camerata) riunito a Firenze dal conte Giovanni Bardi di Vernio, dove si era incominciato a discutere di un nuovo “stile di cantare” che meglio scolpisse la parola e potesse – muovere gli affetti – assai più che le stilizzate trame  concettuali della polifonia. Ora però la posta in gioco sale di parecchio, nel momento in cui dal dibattito estetico si passa alla messa in opera di quegli ideali. Il contesto in cui la Rappresentatione debutta a Roma (l’Oratorio della Chiesa Nuova) non ha lo stesso richiamo della fastosa cornice mondana che inquadra l’esordio fiorentino della “favola in musica” Euridice, a Palazzo Pitti il 6 ottobre 1600 (i festeggiamenti per le nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia). Anche ciò può magari avere indotto Cavalieri a giocare d’anticipo per conquistarsi un posto da protagonista in questa storia.

I versi della “favola”, composti dal poeta Ottavio Rinuccini, altro superstite delle riunioni in casa Bardi, sono affidati per la musica a Jacopo Peri; ma Caccini, che musica per suo conto lo stesso libretto di Rinuccini, si inserisce a forza nell’evento chiedendo che brani della propria versione, in particolare per il ruolo di Euridice, vengano inseriti nella rappresentazione sotto il pretesto che alcune parti “dovevano essere cantate da persone dipendenti da lui”(cioè, suoi allievi). Con un altro colpo di mano Caccini riesce poi a precedere di pochissimo Peri con la pubblicazione, nel dicembre 1600, della propria Euridice (rappresentata integralmente soltanto nel 1602), ignorando nella prefazione ogni riferimento sia al lavoro di Peri che al nome del poeta, Polemiche a parte, fra i due contendenti v’è sostanziale differenza nel modo d’intendere il nuovo genere di canto. Il “recitar cantando” di Cavalieri (e di Peri, che a lui fa riferimento nella prefazione della propria Euridice) indica una prevalente attenzione alla parola come portatrice di “baffetti”. Al cantante si richiede dunque cura particolare nell’articolazione del declamato musicale e “che canti con affetto, piano e forte, senza passaggi, e in particolare, che esprima bene le  parole, che Siano intese.” Per contro, Caccini parlando di “maniera di canto” e ”modo di rappresentare”, privilegia il versante musicale del canto recitativo. Per l’imitazione de’ sentimenti delle parole. Caccini introduce una “nuova maniera de passaggi” o “giri di voce” (figurazioni ornamentali); ossia “una certa nobile sprezzatura di canto” che nel 1614 egli definirà con “quella leggiadria la quale si dà al canto co’l trascorso di più crome e semicrome sopra diverse corde, co’l quale, fatto a tempo, togliendosi al canto una certa angustia e secchezza, Si rende piacevole, licenzioso e arioso.

Le differenze fra le due concezioni del “canto recitativo” nelle due Euridici fiorentine è già evidente ai contemporanei. Pietro Bardi, figlio del patrono della Camerata fiorentina, scriverà nel che Jacopo Peri <<aveva più scienza, e trovato modo con ricercar di poche corde [....]‘d imitar il parlar familiare>>, mentre Giulio Caccini “ebbe più leggiadria nelle sue invenzioni”. Un genere musicale nuovo era nato con Euridice ed entrambi i musicisti, erano stati i primi a scriverne la storia.

 

Marco Materassi

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LA BALLATA DI PELLEAS Y MELISANDA

Dall’opera “il Crepuscolario” di Pablo Neruda

Musica: di Claude Debussy – Preludio per pianoforte Libro Primo

La Cathedrale Engloutie

Ideazione scenica per musica e poesia di Patrizia Callegarini

 

Melisanda

Il suo corpo è un ostia fine, minuscola e lieve.
Ha gli occhi azzurri e le mani di neve.
….
Su cuerpo es una hostia fina, minima y leve.
Tiene azules los ojos y las manos de nieve.
….
 

Con queste parole di intensa grazia ed eleganza stilistica, inizia la ballata di Pelleas y Melisanda in cui il poeta, in modo originale, alterna al delicato lirismo e alla tensione drammatica, l’estrema simbolica sensualità. Nella rappresentazione scenica, la scelta musicale dai toni suggestivi, insieme al gesto intimo ed essenziale, vogliono raccontare il testo di Neruda in modo sobrio  e rievocare lo stile del teatro antico e moderno. I personaggi “simbolici” sono fantasmi dalle delicate sembianze umane in cui il tono lirico o drammatico, sottolinea in modo elegiaco il dolore antico della perdita amplificata nella dimensione ultraterrena della morte.

Patrizia Callegarini

 

 

ODI ET AMO
Rappresentazione scenica per musica, poesia, canto e danzaodi et amo
Testi poetici di Saffo e Catullo

Produzione del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “ di Verona, musiche di Andrea Ziviani, direzione Giancarlo Rizzi.

In collaborazione con la scuola “ Spazio – Danza “ di Carmen Santangelo

Verona – Chiostro del Conservatorio
Estate Musicale – “ I Concerti del Chiostro “

Mantova – Palazzo Ducale, Sala di Manto
Estate Musicale a Palazzo 2010

Una rilettura drammaturgica che trasforma i testi di Saffo e di Catullo da classico intrattenimento intellettuale in vero e proprio spettacolo, realizzando la linea guida della messa in scena teatrale e creando nella sceneggiatura un immaginario dialogo tra il personaggio di Catullo e quello di Saffo/Lesbia. Nel percorso drammaturgico e scenico, Catullo rappresenta l’uomo che si dibatte nella sua tormentata passione amorosa, mentre Saffo/Lesbia incarna poeticamente l’evocazione dell’amore universale espressa con insistente e insinuante terrena sensualità. Musica, coro e danza accompagnano ed evidenziano l’aspetto conflittuale dell’immaginario dialogo. Nel finale dello spettacolo il dualismo irrisolto nel celebre carme catulliano  Odi et Amo, sfocia nel Lied finale  Tramontata è la luna in cui anche Saffo “ evocatrice “ rimane sospesa tra il dolore e il desiderio: “ E soffro e desidero “.

Patrizia Callegarini

 

 

LA DONNA: FLORILEGIO D’AMORE PER LA STORIA DEL TEMPO
Breve pièce per musica, danza e poesia

A cura del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “ con la collaborazione di “Scuola Spazio Danza” di Carmen Santangelo.

Verona – Auditorium della Gran Guardia
“ Ottomarzo Femminile Plurale “ evento promosso dal Comune di Verona

Donna e amore evocato nelle linee gentili, in corpi sottili che volteggiano nello spazio, per l’inno d’invocazione all’amata che si placa nel desiderio che consuma ed evoca il ricordo, che riaccende nell’attesa e fa apparire tutto più bello, che consola e accoglie tra gemiti e baci i due quindicenni smarriti sulle scale dei quartieri poveri della vecchia Parigi. E ancora, timore ed ansia di perdere la meraviglia dei tuoi occhi.
Così, dando voce a Goethe, a Tjutcev, Maksimovic, Prèvert, Garcia Lorca, una Donna ne interpreta le emozioni per poi nel gioco restare se stessa… Sono quella che sono, sono fatta così. Musiche tratte da: “il Gladiatore”, Beatles Go Baroque”, “Tango Por Una Cabeza”, “Barnum Circus”.

Patrizia Callegarini


CARMINA BURANA

di Carl Orff
con voce recitante

Prodotto da Società Amici della Musica Verona

Verona – Teatro Nuovo

All’interno di questa esecuzione diretta dal maestro Mario Lanaro la mia collaborazione riguarda il percorso narrativo compiuto dalla voce recitante inserita per interpretare La Dea Fortuna, quel simbolico elemento imprevedibile e fatale che guida le sorti umane ed è il leitmotiv di questa raccolta di canzoni profane.

Patrizia Callegarini


 


VOI CH’ASCOLTATE IN RIME SPARSE IL SUONO
Dal “ Canzoniere “ di Francesco PetrarcaPetrarca e Laura
Percorso d’amore tra parole e musica con quintetto
Concerto in forma semiscenica

Produzione del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “ di Verona

Verona – Chiostro del Conservatorio
Settecentenario della nascita del poeta aretino Francesco Petrarca

Il percorso d’amore tra la poesia tratta dalla raccolta “ CANZONIERE “ di Francesco  Petrarca e la musica di Bach, Mozart e Schubert sottolinea l’idea che il poeta ha dell’amore nella sua totalità; amore che si identifica nella figura di Laura, musa ispiratrice, eterea ed angelicata. E’ rappresentata nel concerto dalla voce del violino che entra ed avvolge in una spirale di emozioni ogni cosa lasciando nell’animo del poeta e dell’ascoltatore l’immagine di un mondo irreale ed affascinante sublimata nella dimensione del sogno. Petrarca, seduto tranquillo nel suo studio con la gatta sulle ginocchia, mentre cesella i suoi versi con piena soddisfazione, per più di trecento sonetti immagina di camminare per l’aperta campagna in preda a sofferenze ed angosce. “ Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono “, il primo sonetto che da’ il titolo allo spettacolo, fornisce le coordinate ideologiche a tutta la vicenda alla quale affida il compito di dimostrare che  quanto piace al mondo è breve sogno.
L’amore per Donna Laura, forse pura invenzione filologica, esiste come chiave di lettura e nucleo mentale attorno al quale si è organizzata una delle più prodigiose strutture linguistiche della letteratura.
La lingua petrarchesca, infatti, evita per quanto possibile non solo i toni crudi ma quasi lo stesso contatto con gli aspetti concreti della realtà; un distillato purissimo e incontaminato che fornirà il vocabolario alla lirica italiana ed europea dei secoli successivi.

Patrizia Callegarini


NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA
Dalla “ Divina Commedia “ di Dante Alighieri
Percorso scenico multimediale per musica, pittura e voci recitanti.

A cura del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “

Verona – Chiostro del Conservatorio
“ I Concerti del Chiostro “

Spettacolo in cui si è inteso trasmettere il testo dantesco come esperienza. L’ insolito contesto scenico rappresentato dalle proiezioni pittoriche sul fondale e la forte intenzionalità musicale accompagnano a questo scopo gli interpreti, i quali aggiugono pathos dando curiosamente voce anche alle cose inanimate.

Patrizia Callegarini


IL CANTO DELLE OMBRE
Liberamente tratto dall’Antologia di Spoon River di Edgard Lee Master

Regia ed adattamento scenico, musica canto e testi poetici

A cura del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “

Verona – Chiostro del Conservatorio
“ I Concerti del Chiostro “

A che serve liberarsi del mondo
Quando nessuno può scampare al fatto eterno della vita?
E allora capii che ero un buffone della vita
Di quelli che solo la morte avrebbe trattato da eguale agli altri
Facendomi uomo.

Il “ Canto delle Ombre “ è una rappresentazione scenica per pianoforte, canto e poesia la cui tensione drammaturgica è data dagli attori, a ciascuno dei quali è affidata l’interpretazione di più di un personaggio. Cantano se stessi usando l’elevazione teatrale come puricazione delle loro frustrazioni e recriminazioni. Con toni ora lirico elegiaci, ora drammatici, ora ironici, rappresentano in successione il variegato mosaico della vita, trovando nel pubblico la ragione d’essere e la risposta catartica alle loro inquietudini che si sublimano nella pace. In questo finale la stessa musica assume i toni morbidi e vellutati di una raggiunta unità dopo aver assecondato e accentuato le umane passioni.

Patrizia Callegarini


L’IO E L’EMPATIA DELL’ECO
Incontro di musica per pianoforte, poesia e voce recitante
Liriche tratte da “ Una Sola Moltitudine “ di Fernando Pessoa

A cura del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “

Verona – Chiostro del Conservatorio
“ I Concerti del Chiostro “

Episodi

A volte nella penombra
Della mia stanza, quando
Per me stesso perfino in
Anima esisto appena
Un altro senso
In me l’universo
Sbiadita machia
Dell’esser io cosciente
Sulla mia idea delle cose

Lontano da me in me esisto
Fuori da chi io sono
L’ombra e il movimento in cui consisto

Vero
Ogni cammino porta in ogni parte
Ogni cammino
In ogni punto suo si biforca

E uno porta dove indica la strada
L’altro è solo.
Uno porta alla fine della mera strada
Si ferma dove è finito
L’altro è l’astratto margine

La tematica dell’esecuzione pianistica è il Leitmotiv ( o GRUND-THEMA nella terminologia wagneriana ), magica formula interiore, propulsore ripetitivo di un ricordo del sé o di cose inanimate. In quanto tale, l’indefinibile partecipazione emotiva ( Einfühlung ) si trasforma nell’inesprimibile trascendenza soggetto-oggetto. Tutta la vita è un motivo conduttore: la nascita fin dal concepimento, la morte con il grande interrogativo chi ero.

Alessandra Bertolini nella sua recensione“ Omaggio a Pessoa “:
“…lettura scenico-musicale nata dalla collaborazione di Patrizia Callegarini, Maria Cristina Brancato e Aureliana Randone che con intelligenza sono riuscite nel difficile compito di conciliare linguaggi diversi in un unico progetto che sembra aderire all’esigenza di Fernando Pessoa di sentire tutto in tutte le maniere.
La pluralità di espressioni rimanda infatti alla molteplicità che la figura del poeta portoghese racchiude in sé e gli fa dire: mi sono moltiplicato per sentire, per sentirmi, ho dovuto sentire tutto, sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi, e in ogni angolo della mia anima c’è un altare a un dio differente.
La moltitudine si manifesta in Pessoa attraverso l’eteronimia, ossia l’invenzione di personalità diverse, alter ego meticolosamente delineati nei loro dati anagrafici, nelle loro caratteristiche somatiche e caratteriali, nelle loro preferenze; autori perfettamente autosufficienti, autonomi e veri nella loro esistenza inventata. L’essere multiplo è di fatto, come nota Tabucchi, una patologia, ma è al tempo stesso terapia della solitudine che nell’opera di Pessoa diventa paradigma di una condizione esistenziale che non riguarda più solo la sua persona, ma l’uomo del suo tempo.
I temi fissati nella sua poesia – l’io, il rapporto con gli altri, la follia, fanno di questo poeta enigmatico, che aveva importato dall’Europa le maggiori tendenze letterarie e culturali e inventato l’avanguardia portoghese, una figura imprescindibile del ‘900; la banalità e lo squallore della sua condizione impiegatizia contrassegnano la prevedibilità della sua vita privata facendone un uomo come tanti. Il Fernando uomo, visto nella quotidianità di una camera in affitto è qui resa efficacemente dalla regia di Patrizia Callegarini che con pochi dettagli nel pur ridotto spazio ha saputo ricreare un mondo in cui il poeta, con gli occhi persi nel vuoto e la bocca stretta in una piega dolente, canta il tormento di chi si sente transitorio e altro da sé… I due brani di Grieg e Franck che aprono e chiudono la rappresentazione sono, nella funzione di leitmotiv, il raccordo ideale che ha dato unità organica a questo insolito e riuscito concerto scenico applaudito anche dal Console del Portogallo presente tra il pubblico.”

Firenze, 27 Giugno 2001


LE ELEGIE DUINESI
Di Rainer Maria Rilke
Concerto per voce recitante e clavicembalo su musiche di J.S. Bach

A cura del Conservatorio “ Evaristo Felice Dall’Abaco “

Verona – Casa Boggian

…il capolavoro di Rainer Maria Rilke, Le Elegie Duinesi , che il poeta tedesco iniziò a scrivere nel 1912, nel castello di Duino, vicino a Trieste.È un uomo che sa già cosa sia la gloria poetica e che nel corso della sua avventura umana ha conosciuto il vuoto del nulla, l’angoscia e la disillusione.
Le Elegie comprendono dieci componimenti, la cui natura è legata all’ispirazione filosofica, incentrati sui temi della verità della vita, sul senso della finitudine umana, sulla paura della morte. E proprio questa dualità tra vita e morte segna uno dei punti centrali di questo classico, mettendo in luce l’impossibilità di una distinzione tra l’essenza materiale e il flusso spirituale, segnato dagli angeli, creature superiori all’uomo, il quale si trova in una condizione di mezzo.
Si tratta di un testo complesso in cui Rilke mette a fuoco la necessità di sottrarre la bellezza dell’essere alla consunzione del tempo, attraverso l’eternità dello spirito, ma che rivela anche altri aspetti come la tensione femminile ad abbandonarsi alla purezza dell’amore e quella di una virile accettazione della vita e del dolore da parte dell’eroe…( Fulvio Panzeri )

Accendono e spengono lo spettacolo soffuse luci di candele, metafora dello scorrere del tempo e della precarietà della vita. Gli angeli rappresentati dalle figure che al clavicembalo eseguono le musiche di Bach, sottolineano ciò che dell’uomo è trascendente. Pochi elementi scenici, il lento gioco di luci ed ombre che si proiettano sulla immobilità dell’organo posto sul fondale.

Patrizia Callegarini